03 Sep il mondo che vorrei.
In questi giorni, ho attraversato momenti di tristezza e di rabbia da concorso veramente. Da primo premio. E mi piacerebbe prendermi il lusso, facciamo che me lo prendo, di soprassedere su ciò che di brutto è successo, su ciò che manca e è mancato, sulle cose che non funzionano. Tanto, mi pare di capire che di esperti del “come non dovrebbe essere” ce ne sia a pacchi. Insomma, per una serie di accadimenti, e anche per piccoli e trascurabili motivi di natura del tutto personale, mi sono rattristata parecchio e parecchio arrabbiata. Con siffatto cipiglio, stamattina ho abbandonato Siracusa con ottocento chili sulle spalle e sull’umore, e mi sono diretta a Messina, passando per Catania. Nella fretta e sotto gli effetti delle più negative emozioni umane – che se la correvano a duecento all’ora nel mio piccolo cranio – ho dimenticato di mangiare e, soprattutto, di bere. Sul bus, che mi accompagnava in questo viaggio della (di)speranza, una ragazza, senza essere minimamente sollecitata – dalla mia bocca a quell’ora, e in quelle condizioni psicofisiche, potevano solo uscire insulti della più raffinata tradizione camionistica – mi ha offerto un pezzo di pizza e, se lo volevo, pure un arancino: “ho preso troppe cose, aiutami a mangiarle”, ha detto. Poi mi ha dato l’acqua. Poi ciao, è scesa. Giunti a Messina, il mio bisogno di un bagno aveva raggiunto dei livelli lisergici. Mi sono fermata in mezzo alla strada, ho mollato giù le otto tonnellate di roba e con una smorfia degna di Mennea sul traguardo, ho cercato di riprendermi. Una signora, seduta in strada, ha attirato la mia attenzione e mi ha detto se volevo usare il bagno per sciacquarmi un po’. Ave o Maria piena di grazia (la signora si chiamava Maria). Recuperata una condizione di relativa umanità, ho iniziato a cercare un taxi che mi portasse al molo d’imbarco, dove un traghetto mi avrebbe dovuto prelevare in serata e consegnare l’indomani nel porto di Salerno. Trovo il taxi, salgo. Gli dico dove devo andare. Mi risponde “è troppo presto per andare là, ti porto a fare un giro, tanto oggi si lavora poco”. Un’ora dopo, tanta bellezza in più negli occhi, dieci euro in meno nelle tasche, mi lascia al molo, che è effettivamente un deserto metallico. Mi accolgono due omini del porto, mi fanno vedere dov’è il bagno, dove ci sono le sedie per sedersi, dove c’è la macchinetta degli snack: mi offrono il caffè e mi dicono che se ho bisogno di dirglielo subito. Mi siedo dove mi hanno detto, e passa preciso il tempo necessario a iniziare e finire Ghiaccio-nove di Kurt Vonnegut: un bel libro, non c’è che dire. A metà libro, uno degli omini mi porta una bottiglietta d’acqua. Dicevo, Vonnegut finisce e saliamo sulla nave. Un ragazzo mi porta lo zaino fino alla poltrona. I compagni di viaggio sono per lo più anziani e camionisti. Gli anziani s’addormentano quasi subito, non prima che una di essi mi abbia passato una coperta, sottolineando che “ne ho più d’una e fa già freddo adesso, la prenda”. I camionisti vanno, invece, diretti al ristorante: vado con loro. Ordino il secondo. Mangio con calma. Quando ho finito, uno dei camionisti con cui ho parlato, giusto qualche parola (noi, tra addetti al trasporto su gomma, ce la intendiamo), mi offre il caffè. Un cameriere della nave, sui sessanta, mi porta dell’anguria che “la mangi lei, signorina, qui la buttiamo sennò”. Alla fine, ritrovo la strada della poltrona dove, se mi andrà bene, riuscirò a infilare qualche ora di sonno. Tutti quelli che incontro mi augurano “buonanotte, signorina”. Nella sala delle poltrone, uno degli anziani ha tirato fuori dalla valigia, come fosse un sacro graal lucente, una ciabatta elettrica, cosicché tutti possiamo caricare il telefono. Io non capisco quasi mai niente di niente, per questo spesso mi arrabbio, per questo ancora più spesso mi rattristo, ma il mondo che vorrei non è fatto di perfezioni e adeguatezze, non è fatto neanche di questi tremendi tentativi d’annullare l’eccezione, quanto, io credo, di gente che guarda l’altra gente, di persone che si vedono tra loro, di anziani, di camionisti e d’infinita, madonna santa, infinita, gentilezza.
(Illustrazione di Sonnenstaub)